Perdite su crediti, deducibilità in caso di rinuncia

La Corte di Cassazione con l’Ordinanza n. 743 del 19 gennaio 2021, ha deciso che, ai fini della deducibilità della perdita conseguente alla rinuncia al credito, necessita che l’atto unilaterale di rinuncia venga comprovato da una reale non recuperabilità del credito medesimo.

Contrariamente, sarebbe compreso negli atti di liberalità, che non sono deducibili dal reddito d’impresa.

In relazione alla odierna normativa, gli elementi certi e precisi, idonei a basare il diritto alla deducibilità della perdita, sono validi in ogni caso, quando, tra l’altro, i crediti vengono eliminati dal bilancio in applicazione dei principi contabili.

A tale proposito l’Organismo Italiano di Contabilità con il Documento n. 15 del dicembre 2016, paragrafi 71 e 72, ha affermato che la rinuncia è da considerarsi un atto valido a determinare tale eliminazione.

Ciò nonostante, l’Agenzia delle Entrate con la Circolare n. 14/E del 4 giugno 2014, paragrafo 1, ha specificato che rimane immutata la possibilità per l’Amministrazione Finanziaria di valutare la deducibilità delle perdite su crediti rilevate in conseguenza della eliminazione dei crediti dal bilancio effettuata in applicazione dei principi contabili, in riferimento all’inerenza della stessa quale onere sostenuto dall’imprenditore nell’espletamento dell’attività di conduzione dell’azienda.

E’ da tenere presente che l’art. 101, comma 5, del Testo Unico delle Imposte sui Redditi statuisce che gli elementi certi e precisi, idonei a basare il diritto alla deducibilità della perdita nei casi diversi dalle procedure concorsuali, sono validi anche dell’ipotesi di eliminazione dei crediti dal bilancio effettuata in applicazione dei principi contabili.

I requisiti per l’eliminazione del credito dal bilancio

L’Organismo Italiano di Contabilità con il Documento n. 15 del dicembre 2016, paragrafi da 71 a 77 e Appendice A, afferma che l’azienda elimina il credito dal bilancio, in alternativa:

  • quando i diritti contrattualisui flussi finanziari che derivano dal credito si estinguono, sia in modo parziale che totale;
  • quando la titolarità dei diritti contrattuali sui flussi finanziari che derivano dal credito viene trasferita e con essa vengono trasferiti in modo sostanziale tutti i rischi connessi al credito e, tranne casi straordinari, il trasferimento dei rischi comporta anche il trasferimento dei benefici.

Per poter stabilire che avvenga il trasferimento dei rischi, si devono tenere in considerazione  tutte le condizioni contrattuali, quali, a titolo di esempio:

  • gli obblighi di riacquisto al verificarsi di certi eventi;
  • l’esistenza di commissioni, di franchigie e di penali dovute per il mancato pagamento.
Bilancio e crediti impresa

L’eliminazione dal bilancio derivante dalla rinuncia al credito

L’Assonime con la Circolare n. 18 del 18 maggio 2014, paragrafo 2.2, afferma che tra gli avvenimenti che implicano l’estinzione dei diritti contrattuali vi fa parte anche la rinuncia al credito, che, di conseguenza, è un atto valido a determinare l’eliminazione dello stesso dal bilancio e la derivante deducibilità della relativa perdita, senza la necessità di dover documentare in anticipo, tramite idonei mezzi di prova, l’esistenza dei requisiti di certezza e di precisione.

Tuttavia l’Agenzia delle Entrate con la Circolare n. 14/E del 4 giugno 2014, paragrafo 1, ha evidenziato che rimane immutata la possibilità per l’Amministrazione Finanziaria di valutare la deducibilità delle perdite su crediti rilevate in conseguenza della eliminazione dei crediti dal bilancio effettuata in applicazione dei principi contabili, in riferimento all’inerenza della stessa quale onere sostenuto dall’imprenditore nell’espletamento dell’attività di conduzione dell’azienda.

Nello specifico, in occasione delle attività di controllo, potrà essere comprovata la non economicità delle operazioni dell’imprenditoredalle quali è derivata la rilevazione della perdita, nel caso in cui il fatto nasconda un atto di liberalità.

In ogni caso l’onere della prova della eventuale non economicità dell’operazione rimane a carico dell’Amministrazione Finanziaria.

Il Consorzio Studi e ricerche fiscali Gruppo Intesa SanPaolo con la Circolare n. 2 del 26 febbraio 2014, afferma che in merito alla rinuncia al credito, la valutazione di inerenza da parte degli organi verificatori dovrebbe rimanere circoscritta ai casi di evidente illecito, anche in considerazione della posizione pronunciata dalla Corte di Cassazione tramite l’Ordinanza n. 10256 del 2 maggio 2013.

In conseguenza alla suddetta decisione, la rinuncia da parte del contribuente a determinati crediti, rivolta alla conservazione di buoni rapporti commerciali con i clienti debitori, da origine ad una perdita deducibile dal reddito d’impresa.

Tanto è vero che la decisione da parte di un imprenditore di accordarsi con un proprio cliente non fa divenire non deducibile la perdita derivante poiché il Legislatore “ha riguardo solo alla oggettività della perdita” e non stabilisce nessun limite o differenziazione secondo la causa di produzione della stessa.

Oltre a ciò, l’imprenditore, sulla base di attente valutazioni di strategia generale, può lecitamente eseguire operazioni di per sé stesse antieconomiche in vista ed in funzione di vantaggi economici su fronti diversi.

Le recenti posizioni della giurisprudenza sulla deducibilità delle perdite dei crediti

La materia in questione è stata anche di recente presa in esame dalla giurisprudenza di legittimità attraverso l’Ordinanza n. 743 del 19 gennaio 2021 della Corte di Cassazione, la quale, respingendo il ricorso dell’Amministrazione Finanziaria, ha deciso che allo scopo di considerare deducibili le perdite su crediti quali componenti negative del reddito d’impresa, non si ritiene indispensabile che il creditore debba fornire la prova di essersi attivato in modo fattivo per ottenere una dichiarazione giudiziale dell’insolvenza del debitore, essendo sufficiente, così come voluto dal Legislatore, che le perdite oggetto di contestazione risultino comprovate in maniera certa e precisa.

Al contrario, nel caso in cui si tratti di perdita che derivi dalla rinuncia al credito, necessita che l’atto unilaterale di rinuncia risulti comprovato da una concreta non recuperabilità del credito, dal momento che, altrimenti, farebbe parte degli atti di liberalità, che non sono deducibili dal reddito d’impresa.

Di conseguenza, nel caso in cui il creditore rimanga inerte nella titolarità del suo credito, non possono essere ritenuti sussistenti elementi certi per poter configurare una perdita che abbia rilevanza ai fini fiscali. Nel caso specifico, la contribuente ha effettuato la scelta di rinunciare unilateralmente al credito vantato verso la debitrice in conseguenza del rifiuto da questa manifestato, sostenendo a dimostrazione di questa condotta che il rapporto di dipendenza economica che la collegava alla società rendeva sconveniente fare ricorso ad una azione giudiziaria rivolta al recupero del credito, non provvedendo a fornire in questo modo nessuna prova che la rinuncia potesse trovare reale dimostrazione nella effettiva non recuperabilità del credito stesso.

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